viviamo il tempo quaresimale con lo sguardo rivolto alla Pasqua per poter rinnovare la nostra adesione al Cristo crocifisso e risorto e divenire cantori di una vita nuova. Le ceneri, segno penitenziale, memoria della nostra creaturalità – e per ciò stesso bellezza di poter accedere alla novità del Vangelo, al volto di Gesù –, quest’anno per la comunità di Sassovivo sono state caratterizzate dalla visita del “Covid 19”.
Il virus, come per tante famiglie, ha abbracciato interamente la nostra fraternità anche se con esiti diversi. Leonardo è stato il fratello maggiormente colpito, al punto di essere ricoverato per tre settimane in terapia intensiva. Ringraziando il Signore è tornato in comunità e ha iniziato il percorso della fisioterapia. Siamo grati a quanti ci sono stati vicini con la preghiera e l’amicizia. L’esperienza vissuta mi ha confermato, all’inizio del cammino verso la Pasqua, nel considerare la precarietà della vita e l’impegno a compiere ogni giorno tutto il bene possibile. L’esistenza è un battito di ciglia o ancora meglio, come dice il salmo 90,4: «Mille anni, ai tuoi occhi, sono come il giorno di ieri che è passato, come un turno di veglia nella notte».
Lo sguardo si volge all’eternità di Dio, di cui Gesù attraverso la Pasqua ci rende partecipi. Nonostante la nostra caducità, precarietà, siamo chiamati dall’amore di Dio, all’eternità. Il pellegrinaggio terreno è così breve che non possiamo permetterci omissioni nell’essere buoni, nel tirare fuori la parte migliore di noi stessi.
Quaranta giorni nel deserto quaresimale per andare all’essenziale e passare dall’io al noi, dal mio al bene comune. Nei nostri esami di coscienza molto spesso ci dimentichiamo delle omissioni: quanto bene avrei potuto fare e non ho fatto. Siamo come il sacerdote e il levita della parabola del buon samaritano, che passano accanto ma non si fanno prossimi dell’uomo sul ciglio della strada derubato e malmenato.
Non bastano più i pii propositi nati dal nostro sentire e dal nostro volontarismo, è tempo di non strisciare l’esistenza ma di accogliere tutte le possibilità per amare e divenire testimoni dell’Eterno.
Essenzialità anche nel nostro rapporto con Gesù. Non moltiplicare il fare ma privilegiare l’essere. Non tante parole ma silenzio, grembo fecondo dell’ascolto. Non pratiche religiose ma un rimanere in Gesù come il tralcio nella vite della similitudine evangelica.
La notte è trascorsa e sul cuscino rimane qualche resto di cenere a ricordarmi il mio essere polvere e l’invito a conversione, bellezza di Gesù e del suo Vangelo, accesso all’eternità del Creatore. È il tempo che passa e la Luce si avvicina, non possiamo non amare.
Un abbraccione,
Paolo Maria
fratello priore