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(Español) La Natividad del Señor. Carlos de FOUCAULD
(Español) Carlos de FOUCAULD y la Misericordia
Tema 2: Biografia. Preparare la Caononizzazione di fratel Charles
NOTE BIOGRAFICHE PRINCIPALI DI CHARLES DE FOUCAULD
AB. Nabons – Wendé Honoré SAVADOGO, Burkina Faso
Un orfano circondato dall’affetto
Il visconte Charles-Eugène de Foucauld de Pontbriand nacque a Strasburgo il 15 settembre 1858 da François Édouard, vice ispettore delle acque e delle foreste, ed Elisabeth Marie Beaudet de Morlet. Ebbe solo una sorella, Marie, nata il 13 agosto 1861.
L’infanzia di Charles è stata segnata dal lutto. Nel 1864, all’età di 6 anni, perse sua madre per un aborto spontaneo il 13 marzo, suo padre il 9 agosto e sua nonna paterna in ottobre. Charles e sua sorella furono allora educati dal nonno, il colonnello de Morlet, che circondò la loro infanzia di un affetto caloroso. La loro infanzia fu segnata anche dall’affetto della famiglia della zia paterna, i Moitessiers. Charles strinse in particolare una solida e profonda amicizia con la cugina Marie Moitessier che avrà un ruolo decisivo nella sua crescita umana e spirituale. Suo nonno gli assicurò una buona educazione cristiana; fece la prima comunione e la cresima il 27 aprile 1872.
Fede perduta e ritrovata
Ammesso al Liceo di Nancy nel 1872 e alla Scuola militare di Saint-Cyr nel 1876, Charles perse la fede per una dozzina di anni. Questa fase della sua vita fu caratterizzata da eccessi e deviazioni nel comportamento. La morte del nonno, il 3 febbraio 1878, peggiorò la sua situazione. Charles sprofondò quindi nella pigrizia, nell’indolenza, nella noia, nell’indisciplina, nella mediocrità, nei festeggiamenti frenetici, nelle folli spese finanziarie. Si legò anche a una donna, Marie C, e ne fece la sua concubina. Militare scarsamente disciplinato ma coraggioso, Charles si annoiava e alla fine lasciò l’esercito nel 1882 per dedicarsi all’esplorazione del Marocco. La notorietà del successo gli fece ritrovare la stima e l’ammirazione della sua famiglia e della società. Ormai è abitato da una ricerca morale e religiosa. L’affetto e la fede del suo ambiente familiare lo sostengono nella sua ricerca religiosa sempre più intensa: “Mio Dio, se esisti, fa’ che io Ti conosca”. Incontra padre Huvélin nella chiesa di Sant’Agostino a Parigi per discutere di religione, ma quest’ultimo lo invita a prendere la comunione e confessarsi. Charles de Foucauld si è così convertito alla fine di ottobre e il suo rapporto con Dio sarà gradualmente pieno di amore, tenerezza e totale abbandono a Dio.
Trappista e inflessibile imitatore di Gesù di Nazareth
Nel 1890, appena tre anni dopo la sua conversione, entrò tra i Trappisti a Notre-Dame des Neiges e poi a Notre-Dame du Sacré-Coeur ad Akbès (Siria). Ma molto insoddisfatto di non essere riuscito a trovare l’estrema povertà di Gesù a Nazareth e desideroso di fondare una congregazione per vivere pienamente questo ideale, lasciò la vita dei trappisti nel gennaio 1897. Sotto la guida sapiente del suo direttore spirituale, l’abate Henri Huvelin, andò in Terra Santa e si mise al servizio delle suore clarisse a Nazareth per imitare la vita nascosta di Gesù povero, spogliato di tutto e assiso all’ultimo posto.
La scoperta della sua vocazione sacerdotale e missionaria
Per quasi tre anni Charles de Foucauld si è nutrito di lunghissime ore di adorazione eucaristica, di meditazione del Santo Vangelo e di letture teologiche. Cambiamenti molto importanti avvengono allora nella percezione della sua vocazione e del sacramento dell’Eucaristia. Percepisce soprattutto che niente glorifica Dio così tanto qui sulla terra come la presenza e l’offerta della Santa Eucaristia. È anche convinto che mai un uomo imiti Gesù più perfettamente di quando offre il sacrificio o amministra i sacramenti. Charles torna a Notre-Dame des Neiges per prepararsi al sacerdozio. Gli esercizi spirituali per l’ordinazione diaconale e sacerdotale fanno crescere in lui la convinzione che l’Eucaristia sia un banchetto da offrire ai più poveri. Essa esige di vivere una fratellanza universale con tutti gli uomini, in particolare con i più lontani. D’ora in poi, la sua vocazione a imitare Gesù a Nazareth, non è più da vivere in Terra Santa ma in mezzo alle pecore più trascurate, quelle del Marocco.
Il dissodamento evangelico del Sahara attraverso l’amicizia e la bontà
Ordinato sacerdote diocesano il 9 giugno 1901 nel seminario maggiore di Viviers, volle recarsi in Marocco e per questo si stabilì a Beni-Abbès, un crocevia al confine tra Algeria e Marocco. Fratel Charles ha vissuto nel Sahara un’evangelizzazione del dissodamento attraverso l’amicizia e la bontà. A Beni-Abbès iniziò conducendo una vita intensamente contemplativa con una grande disponibilità fraterna verso tutti coloro che si presentavano nella sua Fraternità: le carovane, i soldati e gli ufficiali, i semplici viaggiatori, gli schiavi e soprattutto i più poveri e indigenti.
Per iniziare l’evangelizzazione dei Tuareg organizzò dei viaggi pastorali al seguito di missioni militari. Voleva così guadagnare la fiducia delle popolazioni ed entrare in amicizia con loro. Si stabilì poi tra i Tuareg a Tamanrasset nel maggio 1905 da dove partì per dei viaggi pastorali. Si è incarnato nella loro cultura imparando la loro lingua e cultura e tradusse il Santo Vangelo e alcuni passaggi dell’Antico Testamento in Tuareg. Charles svolse anche importanti lavori linguistici tra cui la realizzazione di una grammatica elementare e due vocabolari tuareg-francese, francese-tuareg. Nonostante molte difficoltà, Charles non rinunciò alla sua presenza tra i Tuareg, che riassunse in questi termini:
“Consiste prima di tutto nel portare Gesù in mezzo a loro, Gesù nel Santissimo Sacramento, Gesù che viene ogni giorno nel Santo Sacrificio; e anche pregare, in mezzo a loro, con la preghiera della Chiesa, per quanto miserabile sia colui che la offre… Consiste poi nel mostrare, a loro che lo ignorano, che i cristiani non sono come essi pensano: che noi crediamo, amiamo, speriamo; consiste infine nell’ispirar loro fiducia, amicizia, nell’addomesticarli, nel farsene, se possibile, degli amici, in modo che dopo questo primo dissodamento, altri possano fare un bene maggiore a queste povere anime”.
Fu tra i Tuareg che Charles de Foucauld morì il venerdì 1° dicembre 1916, ucciso da alcuni senousiti che erano venuti per saccheggiare la sua residenza e prenderlo in ostaggio. È stato beatificato da Papa Benedetto XVI il 13 novembre 2005 e canonizzato da Papa Francesco il … 2021
ATTUALITA’ DELL’ESPERIENZA SPIRITUALE DI CHARLES DE FOUCAULD
Una moltitudine di <<followers>>
Dopo 15 anni di ministero pastorale nel Sahara, Charles de Foucauld non riuscì a convertire quasi nessuno. Il suo ardente desiderio di fondare una congregazione religiosa per vivere la perfetta imitazione di Gesù di Nazareth non si realizzò. Nonostante questo apparente fallimento, la vita e la morte di fratel Charles furono rese feconde dal Signore. Così tanti discepoli di Cristo si ispirano alla sua esperienza spirituale fondata sull’Eucaristia celebrata, adorata e vissuta, sulla fraternità universale, sull’ascolto e la meditazione quotidiana del Vangelo, sull’abbandono totale e fiducioso alla volontà del Padre, sull’ardente desiderio di portare Cristo ai più poveri e ai più lontani.
La trasformazione attraverso l’Eucaristia
L’esperienza spirituale di Charles de Foucauld è come una luce che il Signore offre oggi alla sua Chiesa per illuminarne il cammino. L’intensa devozione eucaristica che ci comunica è un mezzo efficace per vivere le nostre celebrazioni e adorazioni eucaristiche nella freschezza della riforma conciliare del Vaticano II. Alla scuola di fratel Charles non si potrebbe prendere parte all’Eucaristia senza vivere una profonda comunione con Cristo che ci apre a tutti gli uomini, in particolare ai più poveri e lontani. Il suo modello di adorazione eucaristica invita all’ascolto della Parola di Dio per essere trasformati dall’imitazione delle virtù di Gesù.
Un modello di evangelizzazione in contesto di secolarizzazione e di integralismo religioso
L’attualità di Fratel Charles si manifesta anche attraverso il suo modello di evangelizzazione. In mezzo a un mondo fortemente musulmano dove non poteva invitare apertamente a credere in Gesù, Charles de Foucauld ha scelto di annunciare il suo Maestro vivendo la bontà e l’amicizia con tutti coloro che incontrava. Non è di questa presenza fraterna, amichevole e colma di tenerezza che abbiamo bisogno per testimoniare Gesù nel nostro mondo sempre più secolarizzato? Fratel Charles ha visto i suoi fratelli musulmani radicalizzarsi: “È l’islamizzazione dell’ Hoggar, […]… È un fatto molto grave […] tra qualche anno, se l’influenza musulmana prenderà il sopravvento, vi sarà un’ostilità profonda e duratura…”. L’atteggiamento di fratel Charles nei confronti del fondamentalismo religioso, così diffuso oggi, è più che mai attuale e stimolante. Sia che abbiamo rapporti di dialogo o di amicizia con i musulmani, sia che siamo vittime del fondamentalismo, c’è bisogno di amicizia, di dialogo, di lucida conoscenza dell’altro per “capirlo”, bontà e tenerezza per promuovere l’unione dei cuori.
Santo patrono delle periferie e della fraternità universale
Il Magistero di Papa Francesco ci invita ad andare verso le periferie esistenziali degli uomini per far diventare tutte le persone, soprattutto i più lontani ed esclusi, nostri fratelli e sorelle. Possiamo trovare in fratel Charles lo “specialista”, il santo patrono delle “periferie” e della fraternità universale. Questo è ciò che ha vissuto e insegnato: “dobbiamo amare tutti gli uomini allo stesso modo, ricchi e poveri, felici e infelici, sani e malati, buoni e cattivi, perché tutti sono membra del Corpo mistico di Gesù, e di conseguenza membra di Gesù, porzione di lui, perciò infinitamente venerabile, amabile e sacra”.
Un amico celeste che accompagna e interroga
Charles de Foucauld è oggi attuale soprattutto perché la sua presenza presso Dio, nell’immensa schiera dei santi, è il compimento della fraternità universale da lui tanto ricercata. La sua partecipazione alla gloria e all’intercessione di Cristo lo rende presente a noi quotidianamente e attivo nella nostra vita e in quella della Chiesa. Ognuno di noi può chiedersi: quali frutti ha portato nella mia vita l’amicizia con fratel Charles? Ci sono aspetti della mia vita che fratel Charles sollecita a cambiare?
San Carlo, prega per noi!
San Charles de Foucauld, prega per noi, aiutaci ad abbandonarci totalmente al Padre, “senza misura, con infinita fiducia”, perché Lui è nostro Padre e tu, tu sei nostro amico. Saint Charles de Foucauld. Prega per noi!
(Português) Charles de FOUCAULD, Meu Deus, e meu tudo. José Inácio do VALE
Text 1, Heligsprechung, it., Canonizzazione Fratel Carlo
FRATERNITA’ SACERDOTALE JESUS CARITAS
PREPARARE LA CANONIZZAZIONE DI FRATEL CHARLES
TEMA 1: LA CANONIZZAZIONE DI FRATEL CHARLES E LA NOSTRA OPZIONE PER I POVERI
Fernando Tapia Miranda
Equipe internazionale
<<La pandemia ha messo allo scoperto la difficile situazione dei poveri e la grande ineguaglianza che regna il nostro mondo>> ha affermato Papa Francesco il 19 agosto scorso. E ha aggiunto << E il virus, mentre non fa eccezioni tra le persone, ha trovato, nel suo cammino devastante, grandi disuguaglianze e discriminazioni. E le ha aumentate!>>
Ciò significa che i poveri, oggi, soffrono più di prima a causa della mancanza di assistenza sanitaria, della disoccupazione e della fame.
Il Santo Padre riconosce che la risposta alla pandemia deve essere duplice: da un lato, <<è indispensabile trovare la cura per un virus piccolo ma tremendo, che mette in ginocchio il mondo intero>>, e dall’altro, aggiunge il Papa, <<dobbiamo curare un grande virus, quello dell’ingiustizia sociale, della disuguaglianza di opportunità, della emarginazione e della mancanza di protezione dei più deboli>>.
Questa situazione ci spinge a riaffermare la nostra opzione evangelica per i poveri. Francesco continua nella sua catechesi: <<La fede, la speranza e l’amore necessariamente ci spingono verso questa preferenza per i più bisognosi, che va oltre la pur necessaria assistenza. Implica infatti il camminare insieme, il lasciarsi evangelizzare da loro, che conoscono bene Cristo sofferente, il lasciarsi “contagiare” dalla loro esperienza della salvezza, dalla loro saggezza e dalla loro creatività. Condividere con i poveri significa arricchirci a vicenda. E, se ci sono strutture sociali malate che impediscono loro di sognare per il futuro, dobbiamo lavorare insieme per guarirle, per cambiarle>> (Chi non riconoscerebbe in tutto questo la maniera di evangelizzare di Fratel Charles?)
Il Santo Padre afferma che <<la pandemia è una crisi e da una crisi non si esce uguali: o usciamo migliori o usciamo peggiori. Noi dovremmo uscire peggiori, per migliorare le ingiustizie sociali e il degrado ambientale.>>
La Canonizzazione di Fratel Charles avviene in questo contesto e non è un caso. Attraverso questo evento di grazia, Dio vuol mettere davanti agli occhi di tutti un uomo, un credente, un pastore, un missionario che si è donato anima e corpo ai più poveri e abbandonati del suo tempo, i Tuareg. Si è fatto uno di loro, ha camminato con loro, si è lasciato evangelizzare da loro. La santità oggi passa attraverso la scelta preferenziale per i poveri.
Se vogliamo preparare e celebrare nel modo migliore la Canonizzazione di Fratel Charles, non è per glorificare Fratel Charles, ma per rendere ancora più forte in tutta la Chiesa un amore attivo e propositivo per i più piccoli, gli ultimi, che, oggi, è più necessario che mai. Il Papa afferma in Evangelii Gaudium: <<La bellezza stessa del Vangelo non sempre può essere adeguatamente manifestata da noi, ma c’è un segno che non deve mai mancare: l’opzione per gli ultimi, per quelli che la società scarta e getta via. >> (EG 195)
Noi, la famiglia spirituale di Fratel Charles, abbiamo accolto come una grazia il suo carisma, che riceve, inoltre, in questo contesto di pandemia, una luce e una convalida particolare. Non posiamo tenerlo nascosto, trascurarlo o farlo rimanere sterile. <<Ravviva il dono di Dio che è in te>> diceva San Paolo a Timoteo. Questo è l’invito che il nostro Fratello e Signore Gesù ci rivolge oggi, per contribuire al grande rinnovamento della Chiesa che lo Spirito Santo sta suscitando attraverso Papa Francesco. Abbiamo perciò una grande responsabilità. La Canonizzazione di Fratel Charles è un’opportunità unica per progredire in questa direzione.
Per la riflessione e la preghiera personale o in gruppo:
• Vedo una connessione tra la nostra opzione per i poveri, il rinnovamento della Chiesa sollecitato da Papa Francesco e la Canonizzazione di Fratel Charles?
• Quali chiamate alla conversione ci sta inviando il Signore tramite questa Canonizzazione?
• Quale sarà il mio contributo affinché la Canonizzazione porti i frutti che il Signore si attende?
Santiago del Cile, 10 settembre 2020
PDF: Text 1, Heligsprechung, it., Canonizzazione Fratel Carlo
Come un’oliva abbandonata. Fratel Oswaldo, jc
Charles de Foucauld è stato beatificato da papa Benedetto XVI il 13 novembre 2005 e ora siamo tutti in attesa di conoscere la data per la canonizzazione. La raccolta delle olive in questo periodo dell’autunno luminoso mi ha ispirato a condividere queste righe.
Frère Charles ha trascorso gli ultimi anni della sua esistenza a Tamanrasset, nel profondo sud del Sahara, dove si arrivò l’undici agosto 1905 fino alla morte, ivi avvenuta il 1° dicembre 1916. Sono stati anni ricchi di esperienze e incontri con i Tuareg presso i quali ha “gridato il vangelo con la vita”, vivendo la quotidianità nella sua nuova “Nazaret”. È stato un tempo di intenso lavoro epistolare e intellettuale, ma sono stati anche anni di prova e di sofferenza. Durante l’inverno 1907-1908, infatti, si era ammalato gravemente. Desiderava tanto avere dei compagni, ma non c’erano speranze. La malattia e la solitudine appesantirono l’anima di fr. Charles fino a fargli prendere consapevolezza del suo personale fallimento, avvertendo un senso di inutilità. Il suo stato d’animo era pessimo. Una lettera del 1° gennaio 1908, all’abbé Huvelin suo padre spirituale, è tra le più tristi che conosciamo:
«Padre amatissimo… non occorre che io mi raccomandi alle sue preghiere: lei conosce le mie miserie e sa quanto ho bisogno delle sue preghiere. Sono più di ventuno anni che mi ha ricondotto a Gesù e che è mio padre, quasi diciotto che sono entrato in convento: ho ormai cinquanta anni di età: quale messe dovrei aver raccolto per me e per gli altri! Invece mi trovo nella miseria e nella privazione e agli altri non ho procurato il minimo bene… Poiché dai frutti si conosce l’albero, posso sapere ciò che sono. Preghi dunque per il suo figliolo così povero e indegno».
Pur avendo superato la crisi dell’inverno 1907-1908, la situazione non volta pagina dal punto di vista umano. Il 1910 è stato l’anno dei lutti dolorosi: a pochi mesi di distanza muoiono il Prefetto Apostolico, mons. Guérin e l’abbé Huvelin. È come se avesse perso prima un fratello e poi il proprio padre. In questo clima generale, comprendiamo la lettera del 1° settembre 1910 alla cugina Marie de Bondy:
«La solitudine aumenta. Ci si sente sempre più soli al mondo. Alcuni sono partiti verso la Patria, altri vivono sempre più appartati da noi; ci si sente come l’oliva rimasta sola in cima a un ramo, dimenticata dopo la raccolta; nella nostra epoca questo paragone della Bibbia torna spesso alla mente… Ma Gesù resta: Gesù, lo Sposo immortale che ci ama come nessun cuore umano è capace di fare; resta adesso, resterà sempre. Ci ha sempre amati, ci ama in questo istante, ci amerà fino al nostro ultimo respiro; e se non respingiamo il suo amore, ci amerà eternamente. “Caritate perpetua dilexi te, miserans”»…
Un’oliva che il Divino Agricoltore ha trascurato di portare al frantoio dell’apostolato e dalla quale perciò non uscirà la più piccola goccia d’olio. L’immagine è affine a quella evangelica tanto cara a fr. Charles del chicco di grano che non diventa spiga perché sotto terra non muore (Gv 12,24). Nel 1911, a Suzanne Perret, scriveva: «Voi siete il chicco di grano caduto in terra che muore per portare frutto… ottenete anche a me di saper morire e portare i frutti voluti dal cuore di Gesù».
La vita di Charles de Foucauld è simile a una parabola evangelica. I frutti sono apparsi dopo la sua morte, e quanta abbondanza! Per quanto riguarda l’Italia, a rischio di tirare un po’ il mantello di Charles, direi che è importante ricordare che proprio nel 1910, mentre il Nostro riteneva di non essere riuscito a combinare niente e quindi di aver sprecato la sua esistenza, veniva al mondo Carlo Carretto (+ 1988), testimone appassionato del cattolicesimo del secolo scorso, colui che qui e non solo, ha fatto conoscere la spiritualità di Charles subito dopo il Concilio Ecumenico Vaticano II, stabilendosi a Spello…
Il messaggio del “fratello universale” è oggi di grande attualità. Come sappiamo, papa Francesco ha citato Charles a conclusione della sua recente enciclica “Fratelli tutti”.
Ora, lo scorso 7 novembre, il gesuita Diego Fares ha scritto, su «La Civiltà Cattolica», una articolo vivamente consigliato, dove ipotizza che il Papa cita fr. Charles al termine del Documento proprio perché fin dall’inizio l’intera enciclica si ispira alla vita del Fratello universale. «LA FIGURA DI CHARLES DE FOUCAULD HA IN “FRATELLI TUTTI”, UNA GRANDE FORZA TESTIMONIALE», dice padre Fares.
«Il fatto di mettere in risalto la figura di Charles de Foucauld, che presto canonizzerà ha in Fratelli tutti una grande forza testimoniale: raccoglie e attualizza l’eredità di Francesco d’Assisi, sintetizza e incarna il contenuto evangelico che il Papa espone nell’enciclica, e ci interpella in modo concreto là dove è in atto la più grande sfida del nostro tempo.
I due ultimi punti che il Papa dedica esplicitamente al beato Charles sono brevi, ma densi di contenuto evangelico. Francesco mostra come il sogno di de Foucauld, di una donazione totale a Dio e ai fratelli che gli permettesse di riuscire a farsi «fratello di tutti», «fratello universale», il beato lo ha realizzato solo «identificandosi con gli ultimi» (FT 287; cfr 2-4). La cosa più importante che ci fa notare il Papa è che non si tratta di un sogno casuale. Esso giunge carico di storia: il sogno del beato Charles è lo stesso che Dio ispirò a Francesco d’Assisi. È un ideale a lungo sognato, un ideale che comporta un cammino di trasformazione anche in noi, fino a farci sentire, come questi santi, fratelli e amici di tutti».
È proprio vero, come sosteneva Romano Guardini, le grandi cose nascono e si sviluppano nel silenzio.
Charles de FOUCAULD e la lingua del deserto. Carlo OSSOLA
Carlo OSSOLA (avvenire.it)
Il riconoscimento ufficiale (27 maggio 2020) di un miracolo – avvenuto il 30 novembre 2016, vigilia del centenario dell’assassinio, il 1 dicembre 1916 – porterà presto alla canonizzazione di Charles de Foucauld, dopo la beatificazione proclamata il 13 novembre 2005. Charles de Foucauld (Strasburgo 1858 – Tamanrasset 1916) è come l’ultimo degli eredi dei “tre ordini” della società di Antico Regime: nobiltà di famiglia, servizio nell’esercito e poi nella Chiesa. Fu infatti ufficiale di cavalleria nella celebre École de Saumur, inviato in Algeria, poi esploratore in Marocco. Tornato a Parigi si converte grazie all’abbé Huvelin (1886): cercando solitudine e imitazione di Cristo si fa monaco in una trappa in Siria nel 1892, poi prete nel 1901; ritorna infine in Africa, prima a Béni-Abbès, nella regione di Orano, ove fonda una Fraternità, e dal 1905 à Tamanrasset, nell’Hoggar, ove morirà nel 1916.
Consacrò la sua vita all’ascolto e al servizio del popolo Tuareg, di cui ha illustrato la lingua e la poesia, con uno slancio di fraternità: scrivendo a Henry de Castries il 29 novembre 1901, egli non si propone altro che di creare luoghi di eremitaggio che siano la Khaoua, “la fraternité”, poiché «Khouïa Carlo est le frère universel. Priez Dieu pour que je sois vraiment le frère de toutes les âmes de ce pays». In effetti la sua opera principale, i quattro volumi manoscritti del Dictionnaire touareg– français. Dialecte de l’Ahaggar (pubblicati postumi in edizione fototipica nel 1952 dall’Imprimerie Nationale) non sono soltanto il registro d’una memoria collettiva e il patrimonio linguistico di un popolo e di una civiltà; sono soprattutto il frutto di un ascolto appassionato, di una visione luminosa, di una fedeltà incondizionata all’uomo.
L’antologia tematica che ora per la prima vota si pubblica, Des pierres feuilletées. Anthologie thématique du Dictionnaire touareg-français. Dialecte de l’Ahaggar (Lambert-Lucas, pagine 288, euro 20,00) mette in cammino verso i cieli, i deserti, l’intimo pulsare della creazione. Per chi legge, arricchisce non solo la lingua di sfumature e di palpiti, ma offre alle cose un volto nuovo, che sa di essenza intima, invisibile all’occhio esteriore. Occorre dunque percorrere questo Dizionario come uno dei più intensi inni alla bellezza del creato, nella trasparenza di uno sguardo che non è guidato dal desiderio ma dall’accoglienza di “tutto ciò che viene incontro”, dai raggi del sole ai riflessi delle chiome dei cavalli: «semekket: […]: brillare, essere lucente (soggetto essendo il sole, la luna, una stella, un baleno, un fuoco, una fiamma, uno specchio, del vetro, del metallo lucidato, dell’acqua tersa, di una stoffa satinata, di un oggetto verniciato, di una superficie di stoffa luccicante, di pelle, del candore della carta, dei capelli o della pelle di una persona, del pelo di un cavallo, di tutto ciò che brilla o riluce, di colore chiaro o anche saturo) || per estensione: rifulgere di candore (soggetto essendo una stoffa bianchissima, una carta immacolata, dello zucchero o del sale, un cavallo o un cammello nivei, etc.)».
Questo lento volgersi all’essenziale è animato da una sete di unione che suscita sovente uno slancio di condivisione che va oltre il concetto descritto: «aser […] si dice, per esempio, di qualcuno che unisca le dita della mano, o congiunga i piedi o le ginocchia, che stringa la sua mano a quella di un’altra persona; per estensione: “unire (per amicizia, affetto, amore) delle persone» || “unire (per questioni d’interesse, o di denaro) delle persone” || “unire (con dei legami di parentela) delle persone”, “accoppiare (unire per la generazione)” || “congiungere la notte con il giorno” (in un viaggio, in un lavoro)».
Nel silenzio del deserto, la parola è insieme pronuncia ed eco, musica che si perde, miraggio d’infinito, Ó‘ouâl: « el aouâl: “tenere parola” significa talvolta “tenere alla parola (essere fedele alla propria parola, alla parola data)”; “aver parola, autorità (in un paese, presso della gente)”, “avere la propria parola ascoltata con rispetto, fiducia, considerazione (in un paese, una tribù, un insieme di persone)”». Ma ciò che più conta, ed è più prezioso, è la piccolezza, l’umile resto che nessuno vede: «semmedri […] rimpicciolire || può talvolta tradursi con ridurre (di dimensione) una cosa che esiste già o render più ridotta una cosa che non esiste ancora; mantenere nel piccolo (detto di posizione sociale) qualcuno la cui posizione sociale è modesta || semmeá ¸ ri, quando si riferisce a imân“ anima” significa abbassare la propria anima e può avere tre accezioni: “abbassarsi (agli occhi degli altri, facendo azioni prive di saggezza); umiliarsi (nella stima di sé, per umiltà interiore, essere umile interiormente); mostrarsi umile (in parole e attitudini, per umiltà esteriore, essere umile esteriormente)».
Quest’umiltà non è più solo vocabolario ma vita: «zegzen […] rimettersi interamente a (abbandonarsi interamente e con piena fiducia e abbandono a…; contare pienamente, rimettendosi, su… (una persona, un animale, una cosa) || per estensione: “abbandonarsi [a Dio, alla volontà divina, – sotto intesi]; rimettersi [a Dio, alla volontà divina]”». Nella parabola di Charles de Foucauld, questo aderire alla parola dell’altro è stata una silente e ardente veglia, di attesa e di compimento: « edel […] sperare in [Dio o una persona] ; sperare [qualcosa] da [Dio o una persona] ||per estensione: “arrivare di notte in [un luogo]; arrivare di notte presso [qualcuno]”. Si impiega in questo senso quale che sia il motivo per il quale si arriva di notte da qualche parte o presso qualcuno, che si sia attesi o meno || per estensione “mendicare [richiedere come elemosina] qualcosa a [qualcuno]”. Si dice dei poveri che vanno mendicando». Non resta, con Charles de Foucauld, che domandare questa elemosina, e questa saggezza: «La condizione dell’amore, è il silenzio » (Chants touaregs).
PDF: Charles de FOUCAULD e la lingua del deserto. Carlo OSSOLA it