Unità e pace dal Battesimo al Giordano. Giovanni MARCO

Nel nostro rito (che in Terra Santa è chiamato: “latino”) abbiamo già celebrato da una decina di giorni la festa del Battesimo di Gesù al fiume Giordano recandoci in pellegrinaggio sulle sue sponde occidentali nei pressi di Gerico, insieme a poco meno di un migliaio di fedeli locali. Alcuni giorni fa si è festeggiato anche sull’altra riva, in Giordania, dove già da 22 anni le chiese cattoliche di diversi riti si riuniscono per celebrare insieme.

Causa la differenza di calendario il 19 gennaio – proprio in mezzo alla settimana di preghiera per l’unità dei cristiani – la chiesa greco-ortodossa festeggia la solennità dell’Epifania. Per quest’ultima l’Epifania o Teofania non ha al centro l’episodio evangelico dei Magi, ma, appunto, il Battesimo del Signore con la «grande benedizione delle acque». Infatti la festa è chiamata in arabo “al-Maghtas” che significa immersione.

È naturale che in questi giorni sgorghino dal cuore le parole di Paolo alla comunità di Efeso (4,4-6) facendone una invocazione all’unità delle diverse confessioni cristiane:

Un solo corpo, un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti.

La zona dove si ricorda il battesimo di Gesù, con i numerosi edifici di culto delle diverse chiese su entrambi i lati del fiume che la fanno apparire come una “valle santa” e semidesertica, non ispira solo la preghiera per l’unità nell’unico battesimo, ma anche la richiesta della pace. L’intera area è rimasta infatti a lungo tempo abbandonata a causa della guerra del 1967, che la trasformò in un enorme campo minato. Essa si trova in territorio palestinese (classificato come area “C” sotto il controllo di Israele) e fu resa poi in parte accessibile ai pellegrini dal 2011.

Solo a fine 2020 però è terminato lo sminamento e la bonifica del territorio e dunque la possibilità di celebrare l’Eucaristia con il popolo di Dio quest’anno nella piccola cappella “latina” dedicata ovviamente a San Giovanni Battista, appena restaurata.

Vogliamo condividere uno stralcio dell’omelia del Custode di Terra Santa, Francesco Patton nell’Eucaristia:

Lo scorso anno abbiamo potuto celebrare di nuovo la Santa Messa in questo luogo a distanza di 54 anni dall’ultima celebrazione. Per 54 anni non avevamo potuto celebrare qui perché questo era diventato un campo minato. Lo scorso anno eravamo un piccolo gruppo, a causa della pandemia, appena una trentina di persone. Quest’anno siamo di nuovo riuniti numerosi, come popolo di Dio come Chiesa, a celebrare il battesimo di Gesù qui nel nostro santuario dedicato al battesimo di Gesù. Siamo nel 55esimo anno, più di un giubileo biblico! Al termine di questa celebrazione Eucaristica, sul registro delle Messe, potremo scrivere la data di oggi, 9 gennaio 2022, e annotare che il popolo di Dio è tornato qui a celebrare solennemente. E potremo testimoniare che la colomba dello Spirito Santo, simbolo della pace che viene da Dio, è discesa ancora su quello che per tanti anni era stato un campo di guerra, un campo minato, e lo ha trasformato in un campo di pace, di adorazione e di preghiera […].

Quando Gesù entra nelle acque del Giordano e si fa battezzare da Giovanni assieme ai peccatori esprime la solidarietà di Dio con l’umanità peccatrice, cioè con ciascuno di noi, e l’intenzione che Dio ha di salvare l’umanità intera e ciascuno di noi. Non è l’acqua a purificare il Cristo ma è il Cristo a santificare l’acqua. Questo è il senso dell’Incarnazione del Figlio di Dio: nel momento in cui il Cristo comincia a frequentare l’umanità peccatrice, l’umanità peccatrice comincia a sperimentare la benevolenza, l’amore la santità, la salvezza di Dio. Non è Dio a «corrompersi» a contatto con noi, ma siamo noi a venire «santificati» a contatto con Lui. Rileggiamo con attenzione le parole dell’apostolo Paolo a Tito: “Gesù Cristo ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formare per sé un popolo puro che gli appartenga, pieno di zelo per le opere buone” (Tt 2,14). E ancora: “egli ci ha salvati, non per opere giuste da noi compiute, ma per la sua misericordia, con un’acqua che rigenera e rinnova nello Spirito Santo, che Dio ha effuso su di noi in abbondanza per mezzo di Gesù Cristo, salvatore nostro” (Tt 3,5-6).

Dio voglia che, venendo santificati a contatto con Gesù, possiamo essere anche noi pieni di zelo per le opere di unità e di pace!

Fratel Giovanni Marco

PDF: Unità e pace dal Battesimo al Giordano, Giovanni MARCO

Piccole Sorelle di Gesù, notiziario 2021

Carissimi parenti e amici,

Forse abbiamo iniziato quest’anno con tante attese e speranze… la fine della pandemia, la ripresa delle attività lavorative, il salvataggio dei posti di lavoro, la fine delle limitazioni per ritrovare il gusto e la gioia di stare insieme, di essere vicini gli uni agli altri, specialmente a chi vive una solitudine più grande, i nostri anziani nelle case di riposo, i malati
negli ospedali.

Quali attese e speranze poi davanti ai drammi e alle sofferenze a livello mondiale, quelle di cui si parla e quelle ormai relegate nel silenzio… Forse alcune attese e speranze si sono compiute, altre sono state deluse.

Con tutto questo e tanto altro che ognuno porta nel cuore stiamo arrivando a Natale. Il tempo che stiamo vivendo, l’Avvento, è tempo di attesa e di speranza.

Leggi il documento completo in PDF: Notizie 46

Terapia intensiva. Aurelio SANZ BAEZA

Vivo. Il suono monotono del respiratore e delle macchine che mi controllano mi dicono che il mio cuore non si è fermato. Non so quando o come sono arrivato qui. Il mio orologio si è fermato nella mia mente. Ho smesso di vedere passare il tempo in quell’oggetto che mi colloca nel momento e che, ora, non mi serve più. I suoni della mia casa, del mio lavoro, della mia strada, del bar dove prendo un caffè o una birra, sono rimasti su un hard disk che non so se recupererò. Il virus ha reso tutto fuori controllo, mi ha portato via da coloro che amo. Ciò che mi arrivava attraverso i media su come stavano le persone che vivevano la mia stessa situazione, da lontano, è ciò che ora vivo. Come tante cose nella vita, pensi che a te non ti toccherà mai.

Mi rendo conto che ci sono persone che si prendono cura di me; Non li vedo bene, ed è come essere in un’astronave, dove si vedono solo gli occhi attraverso i loro occhiali di sicurezza e gli scherrmi che li proteggono da me, simile a quello che uso nel mio lavoro. Sono un pericolo, un pericolo che richiede la molta attenzione e, credo, molto affetto, anche se non mi hanno conosciuto prima. Non conosco i loro nomi, né la loro voce mi arriva chiara – anche sempre senza pretese – ed io non capisco cosa mi dicono. Lascio fare loro. Non posso muovermi e non voglio muovere nemmeno un dito. Continue Reading →