COME STIAMO BENE! Juan C MARTÍNEZ e Ana URDIALES

Essendo una famiglia numerosa di Cartagine, in Spagna, il 2020 è stato un’occasione meravigliosa, perché “grazie” alla pandemia del Covid, che ci ha costretto all’isolamento forzato e alle restrizioni di non poter uscire per le strade, abbiamo potuto trascorrere più tempo del solito insieme.

Ma nel 2021, proprio quando sembrava che la pandemia stesse iniziando a essere sotto controllo, una sequenza di eventi ha iniziato a ha sconvolto la pace familiare. È così la nostra frase “Come stiamo bene” è diventata più significativa che mai. Per noi questa frase è stata non solo un modo di ringraziare Dio, ma anche un’espressione di abbandono; siamo pienamente convinti di stare bene perché siamo nelle mani migliori, cioè nelle mani di Dio. Tutti sappiamo cosa ciò che Carlos de Foucauld ha voluto dirci nella Preghiera dell’Abbandono, che è una porta verso la speranza.


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Piccoli Fratelli di Jesus Caritas, gennaio 2024

Tra echi di guerra un Natale di Speranza

Carissimi amici,

quest’inizio del 2024, come tutti gli inizi, porta in sé tanta speranza, insieme alle tante incognite che sono state lasciate aperte dal tempo precedente.

Ho avuto la grazia di passare il Natale in Terra Santa, insieme ai fratelli di Nazaret e certamente le due cose si sono mescolate anche lì: l’incognita della guerra a Gaza che si aggiunge alle tante tensioni già esistenti nella forzata convivenza del popolo palestinese con quello ebraico, insieme alla Speranza con la S maiuscola che il Natale porta con sé.

Avevo promesso ai nostri fratelli che avrei passato il Natale con loro. Mi aveva colpito il “naturale coraggio” col quale avevano affrontato, durante il Capitolo, la decisione del loro ritorno in Terra Santa: “Da Nazaret nessuno è venuto via per la guerra e non vogliamo farlo neanche noi”.

Per i miei standard di coraggio prossimi allo zero (ho paura praticamente di tutto), que-sto viaggio lo consideravo un gesto eroico, ma poi in realtà si è rivelato molto più facile del previsto.

La guerra concentra la sua faccia violenta e distruttiva su Gaza, mentre in altre parti quasi non ci si accorge di essa, almeno a prima vista.

Già partire con l’aereo pieno e con tanti bambini a bordo mi ha colpito. Ero seduto vicino a una giovane famigliola ebrea con tre bambini piccoli. Il papà ha impiegato mezz’ora a rimettere a posto giochi, pennarelli, matite colorate usate dai tre pargoletti. Ho imparato anche che in ebraico mamma si dice “ima”. La povera madre infatti è stata tartassata durante tutto il volo dalle richieste dei figli.

Arrivati a Tel Aviv, l’aeroporto era pieno di vita, di negozi, di colori, anche se grandi foto degli ostaggi ebrei in mano ad Hamas, erano lì a ricordarti la guerra.

Durante il viaggio verso Nazaret con Giovanni Marco, tutto sembrava normale.

E così anche in città tante luminarie e un po’ di confusione facevano sembrare tutto tranquillo.

Però nella gente tanta preoccupazione, tanta incertezza sul futuro, tanto smarrimento. Non c’è stata persona con la quale abbia interagito (soprattutto attraverso i fratelli chiaramente) che non abbia manifestato queste emozioni, queste sensazioni.

Sono rimasto stupito da quanti amici arabi abbiano i fratelli, e dalla loro generosità! Di alcuni ho visto solo i buoni cibi che ci hanno portato; altri li ho potuti conoscere almeno un pochino. La situazione di guerra, la relazione con gli ebrei li preoccupa e li lascia nell’incertezza… anche se sentivo in loro un atteggiamento di speranza, forse un po’ mista a rassegnazione al conflitto, che fa da “benzina” per vivere l’oggi in pienezza.

Una piccola parentesi voglio aprirla sulla cucina araba con i suoi odori e sapori buonissimi: riso, spezie, frutta secca, carne di montone e di pollo, yogurt (laban) e salse varie, dolci pieni di miele… l’anticamera del Paradiso! E questi amici dei fratelli hanno fatto in modo che i miei giorni fossero all’insegna dell’abbondanza!

Poi i vari preti e frati incontrati, soprattutto la sera di Natale (il 24 la Messa in Basilica è stata alle 19.30): tutti sconcertati da questo tempo di guerra e dalla violenza inaudita con la quale è esplosa. Anche se tutti proiettati a continuare la loro presenza e la loro opera in Terra Santa.

La celebrazione è stata presieduta dal Custode di Terra Santa. Mancavano ovviamente i pellegrini che di solito riempiono la Basilica, ma c’erano tantissimi cristiani di Nazaret a celebrare e la chiesa era piena lo stesso. Canti bellissimi, atmosfera fantastica, omelia in arabo (così non mi sono sentito in colpa di aver dormito durante la stessa!).

Natale lo abbiamo festeggiato in fraternità insieme ai carissimi fratelli guanelliani, nostri vicini di casa, con pranzo a cura di Roberto che ci ha fatto gustare sapori italiani: fettuccine
al ragù e arrosto di maiale!

Il giorno di Santo Stefano, con Roberto e Giovanni Marco siamo stati a Gerusalemme, dove abbiamo visitato il Santo Sepolcro che stavolta era vuoto due volte: una perché Gesù è risorto, due perché non c’era praticamente nessuno. Anche nella Città Santa tutto sembrava apparentemente normale. Ma evidentemente l’apparenza inganna.

E così è arrivato il tempo di ritornare a Sassovivo dopo pochi, ma intensi giorni di pellegrinaggio.

Ringrazio il Signore, prego con tutti voi per la pace nel mondo intero e soprattutto nella Sua Terra che forse è così insanguinata proprio perché porta in sé il sangue di Cristo che si è incarnato lì dove è il cuore dell’umanità ferita.

Buon anno a tutti,

Gabriele, fratello priore.


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Piccole sorelle di Gesù. Notizie nr 48

Cari parenti, amiche e amici,

abbiamo appena concluso il nostro Capitolo Generale, un’esperienza molto intensa di comunione e di “famiglia” di cui desideriamo farvi partecipi in queste pagine condividendo con voi anche il discorso di Papa Francesco e i pensieri di alcune di noi subito dopo l’incontro con lui.

Siamo ancora tutti molto colpiti per i nuovi conflitti in Medio Oriente e per le situazioni di violenza in molti Paesi. Mentre va in stampa il Notiziario pensiamo alle sorelle a ai fratelli che vivono sulla loro pelle la tragedia della guerra e rinnoviamo il desiderio di seminare Pace, lì dove ci troviamo, ed essere perle di tenerezza.

Sono innanzitutto gli amici e le amiche con cui viviamo che ci insegnano e testimoniano che è possibile creare relazioni “in cui l’essenziale non è ciò che divide e separa, ma ciò che avvicina ed unisce…”, come sognava piccola sorella Magdeleine.

È questa la nostra esperienza quotidiana: ve la offriamo attraverso testimonianze di dialogo tra persone di diverse culture e fedi, di incontri nella vita quotidiana, di lavoro e di amicizia.

Custodiamo la fiducia e la speranza che sono molti coloro che seminano Pace e gesti di tenerezza e umanità. Così vogliamo vivere questo tempo verso Natale.


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Diario Italiano, 132

Fratelli carissimi,
come sapete giovedì 9 novembre 2023 ad Assisi, durante gli esercizi spirituali, sono stato eletto Responsabile nazionale della Fraternità Sacerdotale Jesus Caritas italiana.

Per conoscerci meglio vi espongo in poche parole la mia vita. Sono don Giovanni (Ghanim) Naoom, da 25 anni parroco di SS. Salvatore in Selci Sabino, diocesi di Sabina – Poggio Mirteto e faccio parte della Fraternità da circa 20 anni.

Sono di origine irachena e naturalizzato italiano dall’anno 2000, nato a Al-Hamdaniya – Mosul – Iraq (l’antica Ninive) il 5 gennaio 1955; da giovane sono entrato a far parte dell’Ordine Antoniano di S. Ormisda dei Caldei (Monaci Caldei) e fatto il noviziato, voti temporanei e perpetui e ho dovuto fare tre anni di servizio militare secondo la legge irachena. Sono venuto a Roma a studiare filosofia e teologia presso la Pontificia Università Urbaniana. Quando sono venuto in Italia dopo due anni è scoppiata la guerra Iraq -Iran e sono stato richiamato per il servizio militare, ma per motivi di studio e per il mio impegno di Procuratore generale dell’Ordine presso la Santa Sede non mi sono presentato e quindi sono stato considerato disertore
e condannato a morte. Hanno arrestato mio padre per una decina di giorni, perché il superiore generale non ha mantenuto la promessa di risolvere il problema. Tutto questo sono venuto a saperlo durante la guerra del Golfo quando i monaci volevano farmi tornare in Iraq. Dopo la caduta di Saddam, durante uno scontro a fuoco, ho perso un fratello di 42 anni.


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Piccoli Fratelli di Jesus Caritas, dicembre 2023

Carissimi,

si avvicina il Natale e come cristiani potremmo sentirci un po’ in imbarazzo ad annunciare Gioia e Pace in questo mondo. Domenica scorsa nella seconda lettura l’apostolo Pietro scriveva ai primi cristiani scoraggiati dal ritardo del Signore nel compiere le sua promesse, che questo avveniva per lasciarci più tempo per convertirci. Oggi ci sembra, dopo più di 2000 anni, che di tempo ne abbiamo avuto abbastanza, ma ancora tardiamo a convertirci!

Che ci possiamo dire? Che dobbiamo aver fede nel Signore e nelle sue parole di salvezza. Con la venuta di Gesù la storia è cambiata davvero, perché Dio ne ha preso pienamente
possesso, ci si è infilato in pieno prendendo la nostra carne. Quanto ci vorrà perché tutta la storia sia trasformata pienamente? Solo Lui lo sa. Ma noi ci crediamo che avverrà e le sofferenze del tempo presente sono i dolori del parto al quale ci stiamo preparando.

Annunciatori di questa speranza, sappiamo cogliere anche i più piccoli segni che ne parlano… come ha fatto fratel Giovanni Marco vedendo il “corbezzolo” che c’è nel nostro giardino.

Vi lascio alla sua bella lettera di Natale con la quale continuo ad augurare a ciascuno di vivere un Natale nella Gioia e nella Pace.

Gabriele
fratello priore


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SIETE FELICI COME SACERDOTI. Cardinale Lazzaro YOU HUENG-SIK

Cari fratelli sacerdoti:

Innanzitutto GRAZIE per la vostra presenza qui, ma molto di più per il tuo servizio al Popolo di Dio, la tua dedizione alle persone che è affidato, giorno dopo giorno e soprattutto nella recente pandemia che é stato per noi, ministri di Dio, un momento che ci ha messo a dura prova prova dura per tutti.

Sono felice di poterti incontrare oggi e avere questo occasione di guardare con te la mia vita e la nostra vita. Ti parlo con il cuore aperto, senza formalità, e quindi comincio da prima di tutto raccontarvi qualcosa di me e poi anche dopo, di tanto in tanto quando condividerò con te qualcosa della mia vita.

Un’opzione che va sempre rinnovata

Quando Papa Francesco nell’aprile del 2021 mi disse che voleva chiamandomi a Roma per diventare Prefetto del Dicastero per il Clero, accettai uno spavento Non avrei mai immaginato di lavorare un giorno in Vaticano, lontano da lì mia terra e lontano dal mio popolo. In Corea ero un vescovo felice, impegnato insieme alla mia diocesi in un percorso promettente dopo il impronte dei nostri martiri. Papa Francesco era venuto da noi la diocesi per la Giornata asiatica della Gioventù ed era emersa iniziative interessanti. Avevamo tenuto anche un Sinodo diocesano che riuniva sacerdoti e laici, e io stavo costruendo una nuova Curia diocesano.

Ed è arrivata questa chiamata, questa richiesta del Papa. Gli ho detto: “Ma io sono acontadino, figlio di contadini.” Il Papa non ne fu impressionato.


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